Chiusure

Frammentare l’oggetto, scomporlo, sottrarlo alla sua unità compositiva, mettendone in rilievo l’unicità espressiva, vitale, quasi in un’ossessiva ricerca di quell’anima, quella voce che la materia in sé tace, ma che appare sorprendentemente bisbigliare, fino a parlare, nelle fotografie.
In questa raccolta, le immagini diventano tela coloratissima, drammatica, quadrata. Sono ritratti di volti, che parlano, o restano serenamente silenti, o che addirittura paiono gridare, portatori del tempo che, inesorabilmente, passando, li ha segnati, corrugati. Il portale come oggetto, diviene organico, diventa viso, ora pelle, diviene storia, narrazione delle mille voci, dei mille passaggi avvenuti attraverso di esso, delle mille mani che lo hanno toccato, di arrivi, di partenze. Testimone silente nel suo essere, qui prende vita e indossa gli abiti del narratore, testimone parlante dell’amore, della cura ricevuti o negati, costanti o saltuari, veri o strumentali. Come ognuno di noi, attraverso il proprio “volto”, può dire di sé, può emozionare, suscitare simpatia o antipatia, vigore o rassegnazione, speranza o disillusione.
Priva di pregiudizio e di schematico confine tra ciò che è possibile e ciò che è impossibile, la raffinata e cristallina sensibilità di questa raccolta veicola l’osservatore in una dimensione panpsichica, che rap-presenta “la cosa” come dotata di pensiero, di anima, di memoria, in cui la dignità d’essere, la capacità emotiva, emozionante, smette d’essere prerogativa dell’uomo.
Davanti a questi portali ci si chiede: “sono io che assomiglio a loro o sono loro che assomigliano a me?”


Testi a cura di Tullia Capone

< Torna alle serie